Note sugli archi

this page in english

notizie storiche

E’ persino superfluo avvertire che in questo caso, quando si parla di arco, non s’intende più l’arco vero e proprio, bensì tutto l’edificio di cui esso non è che una parte; tant’è vero, che si è dato il nome di arco anche a quell’edificio dedicato a Settimio Severo e detto arco degli Argentari, sebbene abbia l’apertura architravata. Ma questa è un’eccezione.

Quanto alla storia, si sa con certezza, che fin dal principio del II sec. a.C. si costruivano archi trionfali in pietra chiamati fornices; si ricordano quelli di Lucio Stertinio (Liv.,XXXIII, 27) e di Scipione l’Africano (Liv.,XXXVII,3).

Come in passato non si dubitava dell’origine etrusca dell’arco in genere, così, fino ad una quarantina d’anni or sono, era fuori discussione la piena ed assoluta romanità dell’arco trionfale e onorario. Questa vecchia opinione, che rimonta ai dotti del sec. XVI quali il Fabricius e il Rosinus, ha continuato ad avere anche recentemente dei sostenitori nel Carestie, nel Guadet,e nel Durm¸ma nel frattempo si è giunti anche a nuove scoperte sull’origine dell’arco di trionfo.

Ha cominciato il Graef a sostenere l’ipotesi della derivazione dell’arco trionfale e onorario dalle porte e dai tetrapili delle città ellenistiche; infatti egli ricorda la porta presso la stoà Pecile di Atene sormontata da un trofeo (Pausania, I, 15). Lo ha seguito il Puchstein, il quale ravvisando nell’arco trionfale una porta, pensa che esso avesse duplice scopo: quello di far passare la gente sotto il fornice e quello di servire da basamento alle opere statuarie.

Per il Patroni se i Romani si fossero ispirati ai propilei greci (ingressi monumentali a luoghi chiusi) difficilmente avrebbero concepito gli archi come edifici isolati; se si fossero ispirati ai tetrapili (edifici a pianta quadrata, con passaggio incrociato posti sui crocicchi di due vie intersecatesi ad angolo retto) fin dal principio avrebbero dato agli archi trionfali quella struttura a pianta quadrata e a quattro fornici che avrebbero usato più tardi con Marco Aurelio a Tripoli, con Caracalla a Tebessa o con il famoso Giano Quadrifronte al Foro Boario.

Significato del monumento

I Romani, senza smettere di credere che il vincitore fosse animato da un’energia soprannaturale, concepirono questa non come un furore passeggero, ma come grazia accordata dagli dei a certi individui privilegiati. L’arco allora divenne un mezzo per manifestare la trascendenza di questo “charisma”: sistemando l’immagine del trionfatore sull’attico, si proclamava chiaramente che esso era al di sopra dell’umanità.

E’ il significato religioso che distingue gli archi dalle semplici porte. Nell’età imperiale, la “teologia” della vittoria non ha cessato di espandersi e di approfondirsi. L’imperatore diventa l’unico e perpetuo vincitore, i generali che comandano gli eserciti non sono che luogotenenti e i loro successi hanno come causa prima la grazia che gli dei hanno conferito all’imperatore. Questa vittoria assume dunque un valore cosmico, che supera il piano umano: i monumenti non celebrano più le vittorie in quanto tali, ma piuttosto le celebrano in quanto effetto particolare dell’energia universale che proviene dalla suprema provvidenza.

L’arco trionfale, volto ad un concreto fine onorario e commemorativo, non è che la trasformazione lapidea o marmorea degli improvvisati archi di legno e festoni di quercia e di lauro che si apprestavano per il ritorno dei Consoli e degli eserciti vittoriosi in Roma.

Il carattere che distingue l’arco onorario e trionfale dalle porte monumentali non è tanto la sua struttura, quale edificio isolato sui quattro, quanto piuttosto il fatto che il monumento sia specificamente dedicato a personaggi illustri e ne rechi le statue e le insegne. Per lo più si tratta dell’imperatore o di membri della famiglia imperiale, ma non mancano testimonianze di archi innalzati in onore di generali e di magistrati o defunti, anche privati.

Si hanno inoltre, benché eccezionalmente, dedicazioni ad enti collettivi, quali colonie e municipi, e in diversi a divinità.

Elementi strutturali

Struttura portante: consistente in un parallelepipedo, membratura architettonica: rappresentata dalle colonne e dall’architrave, caratteristici dell’architettura romana a partire almeno dall’età sillana (semicolonne o colonne staccate, semplici o doppie). trabeazione: sul quale poggiano le basi delle statue che facevano parte integrante del monumento. attico: racchiude l’iscrizione raffigurativa e onoraria, iscrizione ufficiale che registra titoli ed onori secondo le rigorose norme del cursus honorum.

Arco vero e proprio: la forma di arco di gran lunga più frequente è quella a tutto sesto. Negli archi di blocchi di pietra di regola i conci sono in numero dispari, essendo disposti in numero pari ai lati del concio centrale di chiave; vi sono tuttavia dei casi, come nel Santuario di Ercole a Tivoli, in cui si ha sistematicamente un numero pari con giunto di malta in chiave.

Classificazioni

Comunemente si distinguono quattro tipi di archi onorari e trionfali:

A un fornice con i piloni stretti

A un fornice con i piloni ampliati

A tre fornici cioè quattro piloni

altre specie d’archi (a due, a quattro fornici; a due o più piani; a pianta irregolare, ad apertura architravata; quadrifronti o tetrapili);

(tratto dall’ Enciclopedia Treccani (alla voce “arco”) e dal sito “Archi on the net” )


Siti specializzati sugli archi

Engramma -Repertorio degli archi onorari e trionfali romani (I sec. a.C.–IV sec. d.C.)

Lascia un commento